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L’ideale che unisce

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Come la maggior parte degli italiani, assisto basito in questi giorni all’ultimo atto di una disfida politica, tutta interna al maggior partito politico rappresentato in Parlamento: il Partito Democratico.

E non riesco a comprendere le ragioni politiche di questa lotta intestina che si protrae da mesi.

Per inciso: non sono un elettore del PD, ma comprendo bene che se il maggior partito politico a vocazione governativa è in crisi da mesi, molto probabilmente anche tutta la macchina di governo ne risentirà, e quindi, per il bene comune, sarebbe meglio che si facesse chiarezza una volta per tutti, chi sta con chi e soprattutto quali sono gli obiettivi da perseguire. Prima occorrerebbe che tutti i dirigenti del PD facessero un’analisi sui temi e sui problemi da risolvere e solo dopo, si dovrebbero considerare i nomi e gli incarichi da distribuire.

Fermo restando che un Governo in carica, al momento, il nostro Paese lo possiede.

Non credo di esprimere un pensiero particolare, ma anzi abbastanza ovvio e banale, un pensiero se vogliamo di buon senso.

Detto ciò, forse questa è finalmente l’occasione per fare una volta per tutte chiarezza sulla genesi di questo partito. Il Manifesto dei valori, approvato dal PD il 16 febbraio 2008, recita: “Il Partito Democratico intende contribuire a costruire e consolidare, in Europa e nel mondo, un ampio campo riformista, europeista e di centro-sinistra, operando in un rapporto organico con le principali forze socialiste, democratiche, progressiste e promuovendone l'azione comune”.

Una dichiarazione d’intenti sicuramente ambiziosa, ma di tutto rispetto e, se vogliamo, necessaria in un Paese come l’Italia, non particolarmente vivace e attivo nel promuovere cambiamenti allo status quo in molti settori della vita civile, economica e sociale. Basti pensare a cosa succede ancora oggi quando si cerca di modificare qualche privilegio o rendita di posizione di particolari “corporazioni”…

Il Comitato promotore del partito era costituito dai seguenti illustri personaggi:

Giuliano Amato, Mario Barbi, Antonio Bassolino, Pier Luigi Bersani, Rosy Bindi, Paola Caporossi, Sergio Cofferati, Massimo D'Alema, Marcello De Cecco, Letizia De Torre, Ottaviano Del Turco, Lamberto Dini, Leonardo Domenici, Vasco Errani, Piero Fassino, Anna Finocchiaro, Giuseppe Fioroni, Marco Follini, Dario Franceschini, Vittoria Franco, Paolo Gentiloni, Donata Gottardi, Rosa Jervolino, Linda Lanzillotta, Gad Lerner, Enrico Letta, Agazio Loiero, Marina Magistrelli, Lella Massari, Wilma Mazzocco, Maurizio Migliavacca, Enrico Morando, Arturo Parisi, Carlo Petrini, Barbara Pollastrini, Romano Prodi, Angelo Rovati, Francesco Rutelli, Luciana Sbarbati, Marina Sereni, Antonello Soro, Renato Soru, Patrizia Toia, Walter Veltroni, Tullia Zevi .

Già solo scorrendo velocemente questo elenco di nomi, si può intuire la diversità delle storie personali di ciascun membro e la scarsa omogeneità delle posizioni politiche di cui invece il neo costituito PD si candidava a strutturare in una sintesi unitaria, per proporre all’Italia un’azione politica che fosse convergente su determinati principi e obiettivi di interesse comune.

La situazione oggi?

All’interno del PD coesistono una pluralità di “correnti” o, per meglio dire, centri di interesse particolare quali:

• Sinistra Riformista ispirata da Pierluigi Bersani e Roberto Speranza,
• ConSenso ispirata da Massimo D’Alema, e vicina a Sinistra Riformista,
• Rifare l’Italia (i c.d. Giovani Turchi) ispirata da Matteo Orfini, Andrea Orlando,
• Sinistra è cambiamento guidata da Maurizio Martina
• Rete Dem con il suo leader Giuseppe Civati
• Sinistra Dem guidata da Gianni Cuperlo
• Socialisti e Democratici fondata nel 2015 da Marco di Lello
• Liberal PD che fa riferimento a Enzo Bianco
• Rottamatori di Matteo Renzi
• FutureDem seguiti da Benifei e Bonomo
• AreaDem di Dario Franceschini
• Ecologisti democratici guidati da Ermete Realacci

Dietro ciascuna di queste sigle troviamo uno o più leader che, forse anche con diritto, tentano di portare avanti le proprie legittime idee, condizionando quanto più possibile la vita del partito secondo le proprie convinzioni.

Purtroppo però non sempre il risultato è la somma degli sforzi che si prodigano, talvolta anzi nel PD si sono viste posizioni politiche diametralmente opposte su grandi temi di interesse generale (ultimo caso in ordine di tempo la posizione sul Referendum costituzionale) e allora viene da chiedersi che utilità possa dare alla governabilità dell’Italia un partito che prende il 30% di voti alle elezioni, ma che poi non è unito sui grandi temi e non riesce quindi ad essere forza propulsiva del tanto desiderato cambiamento.

La domanda vera, dopo quello che abbiamo sin qui descritto, è allora la seguente: può il PD essere considerato un partito politico in senso stretto o piuttosto, dalla sua nascita, dieci anni fa, è stato il risultato da parte di gruppi politici affini, di unire interessi differenti, e in un certo senso anche convergenti, che hanno trovato una grande casa per un certo periodo di tempo, per portare avanti battaglie comuni? Quella famosa fusione a freddo di cui qualche esponente politico parlò nel 2007…

Ma da chi è composto un partito politico, mi domando. La risposta che mi verrebbe è: da persone che hanno un ideale in comune.

Ora, nella società liquida in cui viviamo, parlare di ideale può sembrare eccessivo o fuori moda, ma nella politica, quella con la P maiuscola, se si toglie l’ideale si toglie tutto, e rimane solo la ricerca del proprio interesse, del potere, della ricchezza fine a sé stessa.

Quale ideale comune persegue oggi il PD?

Una delle più belle riflessioni sulla politica a favore dell’uomo in generale, e quindi del bene comune in particolare, è secondo me quella del Mahatma Gandhi: “L'uomo si distrugge con la politica senza princìpi, col piacere senza la coscienza, con la ricchezza senza lavoro, con la conoscenza senza carattere, con gli affari senza morale, con la scienza senza umanità, con la fede senza sacrifici.”

Una politica senza princìpi, coscienza, lavoro, carattere, morale, umanità e sacrificio si rivela essere una politica contro l’uomo, contro il bene comune.

Io, come la maggior parte degli italiani, non sono in grado di valutare se all’interno del PD, ci sia o ci sia mai stato, un ideale comune. Ma in questi giorni, penso che sia questo il vero tema che i dirigenti del PD debbano discutere de visu per poi assumere le decisioni conseguenti.

Tenendo conto di tutti i fattori in gioco, della situazione politica interna, ma anche di quella internazionale. Una classe dirigente che voglia candidarsi alla guida del Paese, dovrebbe valutarli tutti e poi prendere responsabilmente una decisione definitiva che ponga finalmente termine a questo tira e molla che sta esaurendo le energie psicofisiche degli elettori italiani e soprattutto non trasmette serenità all’azione del Governo in carica.

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